Devils Marbles, le Biglie del Diavolo

Leggendo “Down Under” di Bill Bryson mi è tornato in mente quanto strana sia quell’isola chiamata Australia, probabilmente l’unico luogo al mondo dove buona parte del territorio rimane ancora inesplorato. Certo, è quasi tutto deserto mi si dirà, eppure pensare che al giorno d’oggi ci siano aree dove l’uomo non ha mai messo piede non può che affascinare.

Stavo attraversando l’Outback, scendendo in direzione Alice Springs sulla infinita Stuart Highway, quando mi trovai ad incrociare un segnale stradale indicante una serie di formazioni rocciose chiamate “Devil’s Marbles”, le biglie del diavolo. Incuriosito dal nome, ma sopratutto speranzoso di trovare una variante dal paesaggio identico che mi aveva accompagnato negli ultimi due giorni, facemmo ingresso nella piccola area di sosta a pochi metri dalle “Karlu Karlu“, il nome aborigeno del sito. Un parcheggio per sì e no quindici macchine, un tavolino da pic-nic, tutto qui, per una delle formazioni più spettacolari che abbia mai visto, di cui mai avevo sentito parlare fino ad un minuto prima. Le biglie del diavolo sono delle immense roccie di granito rosso dalla forma sferica, che sembrano essere state lanciate a caso sulla vallata, e lasciate lì da un qualche gigante quando ha finito di giocarci, 1640 milioni di anni fa. Queste immense sfere, fino a sette metri di diametro, oltre all’equilibrio apparentemente precario nel quale sembrano essere posate, si possono trovare soltanto in quest’area. Per rendere meglio l’idea, se questo non bastasse, è necessario chiarire che l’Outback australiano è un territorio con una superfice vasta quasi quanto tutta l’Europa, con la sola differenza che si presenta completamente piatto, inabitato, desertico.

Immaginate quindi questa “manciata” di sfere, buttate là, in mezzo al niente. Un’immagine quantomeno fuori dall’ordinario, eppure nessuno fuori dall’Australia, e spesso neanche dentro, ne ha mai sentito parlare. Se qualcosa del genere fosse apparso in Francia, in Germania, in America, in qualunque altro posto, biglietti d’ingresso verrebbero strappati uno dietro l’altro, e un parcheggio da quindici macchine non basterebbe per lo staff.

Esistono varie leggende che collegano queste roccie alla mitologia aborigena, la più diffusa è quella che crede che le sfere siano uova lasciate dal Serpente Arcobaleno, una delle figure più importanti del Dreamtime, la storia della creazione secondo la popolazione indigena australiana, che lo ritiene in controllo della più importante fonte di vita, l’acqua. Per gli aborigeni questo è un luogo sacro, e credono che le Devil’s Marbles abbiano poteri straordinari.

Karlu Karlu è una sosta di passaggio per la maggior parte di coloro che tagliano l’Outback. Oltre a noi, soltanto una coppia di camperisti in pensione stava ammirando le roccie, un autotreno dopo l’altro sfrecciava sulla statale senza dargli importanza. Spiegare perché questo luogo rimanga così anonimo è un po’ come raccontare l’Australia, così grande, così vuota, lasciata a sé stessa lontana dagli occhi del mondo.

Speriamo rimanga così,almeno per un altro po’.