Travel Talks #2: “Scrivere di viaggi” con Rachele Maggiolini

Per questo secondo episodio di Travel Talks ho rivolto alcune domande a Rachele Maggiolini, riguardo quella che per entrambi è un’attività che occupa buona parte della giornata: scrivere di viaggi. Ma chi è Rachele? Rachele è la fondatrice e tra i principali autori di No Borders Magazine, una rivista digitale che cerca di approfondire tutto ciò che gira intorno alla parola viaggio, dalla cultura, con recensioni di libri e film a tema, alle interviste con artisti dal mondo, a diari e vere e proprie guide scaricaricabili gratuitamente.

Anche Rachele ha vissuto in Nuova Zelanda, ha girato l’Irlanda da sola, e la maggior parte dell’Europa, e negli ultimi tempi ha avuto mododi scrivere per importanti pubblicazioni nazionali e internazionali, come Rolling Stone e Travelllll.com.

Non è la prima volta che discuto con Rachele di come riuscire a portare un concetto innovativo in Italia nel mondo delle pubblicazioni di viaggio, di come sia difficile emergere e dar valore alle proprie parole. E da queste chiaccherate sono sempre nati spunti interessanti, per questo condivido qui, un riassunto delle idee che ci siamo scambiati.

A: Ciao Rachele, parliamo un po’ di scrivere di viaggi. Partiamo da te e NBM, come è cominciato tutto? Scrivere e viaggiare sembrano, un po’ da sempre, andare a braccetto. Che sia su carta, su un blog o su pubblicazioni più importanti, la parola scritta sembra essere il mezzo più comune per raccontare i propri viaggi, di qualunque tipo essi siano. Oggi più che mai, con blog che spuntano in rete praticamente ogni giorno. E proprio grazie ad Internet, sembra che non si scriva più solo per esprimersi e conservare un ricordo, ma in buona parte anche per essere ascoltati e magari conosciuti. Cosa ha spinto te, e cosa, a tuo parere spinge tutte queste persone, a mettersi davanti alla tastiera per la prima volta?

R: Io ricordo che nel 2010 lavoravo a Elle.it; ai tempi, e ancora adesso, il sito non aveva una sezione dedicata ai viaggi. Volevo poterne scrivere e allora mi misi alla ricerca di un sito o di un magazine con cui collaborare. Non trovai nulla, specialmente online, che mi piacesse. Lo raccontai a Christian, il mio socio a NBM, e lui mi propose di farlo noi, un sito che ci piacesse. Ecco come è nato NBM: volevamo parlare del viaggio come lo intendiamo noi, ma non esisteva uno spazio in cui ci riconoscevamo, così l’abbiamo inventato. Per quanto riguarda ‘gli altri’, ci sono moltissimi motivi che spingono a scrivere. La condivisione, il narcisismo, la necessità di farsi e fare domande…

A: Secondo te, con il valore che hanno oggi i numeri (visite, vendite, fan) rispetto alla qualità, quanto siamo influenzati dai sogni di gloria, dalla possibilità di fare dello scrivere un lavoro, e quanto invece conta l’ispirazione pura? Insomma, chi comincia a scrivere quanto vuole essere un artista e quanto un marketer?

R: Per il mondo del marketing e della pubblicità, online e offline, i numeri hanno sempre avuto grande valore, superando spesso l’importanza del contenuto. Il problema subentra quando i numeri diventano l’obiettivo principale anche di coloro che si occupano dei contenuti. Se chi scrive ha in mente i numeri, i fan, le visite, non si preoccupa di produrre contenuti rilevanti e interessanti, ma di accontentare il suo pubblico, entrando in un circolo vizioso che porta a pubblicare post che elencano i mezzi di trasporto più economici per andare da Stansted a Londra e non, per esempio, il progetto di un gruppo di jazzisti olandesi che hanno riprodotto il suono della città con sax, pianoforte e chitarra. Chi comincia a scrivere adesso, specialmente online, mi sembra molto orientato al guadagno – di soldi o di popolarità – e molto meno al domandarsi perché e per chi scrive. A cosa serve il post sugli autobus che vanno da Stansted a Londra se ce ne sono altri 10 uguali? Quanto ha a che vedere con il concetto di viaggiare?

A: Su No Borders hai avuto la possibilità di collaborare con molti giornalisti, blogger e scrittori staranieri. Parte del vostro contenuto è composto da articoli tradotti, tu personalmente scrivi su siti in inglese, e in generale mi pare che l’ispirazione nel costruire il formato e lo stile venga guardando oltre i confini di casa nostra. E, ammetto, lo stesso vale per me. In Italia non conosco pubblicazione che vada oltre la spiaggia più di moda, che non campi grazie al contenuto gratuito degli utenti stessi, che riesca a dare spunti interessanti o scavare sotto la superficie. All’estero progetti indipendenti stanno in piedi senza problemi. Cosa manca? Manca il mercato, o mancano i viaggiatori?

R: Premetto che anche noi di NBM campiamo grazie al contenuto gratuito degli utenti stessi, non per scelta ma perché non abbiamo guadagni di alcun tipo, per il momento. Detto questo, in Italia non mancano i viaggiatori e non manca il mercato: viaggiare è una cosa che gli esseri umani hanno sempre fatto, soprattutto per necessità e poi, molto più tardi, come piacere. Mancano progetti editoriali che invoglino la gente a leggere, non solo riviste cartacee ma anche magazine come WildJunket o Wandrly Magazine.

A: I primi scrittori di viaggio erano esploratori, scienziati, biologi, conquistatori. Disegnavano mappe, scoprivano isole, trovavano animali mai visti prima. Partivano per studiare, per invadere, per scoprire, senza avere idea di cosa li attendesse. Avevano una missione. Poi sono arrivate le guerre, e gli scrittori erano quelli al fronte. E poi gli hippie, che scappavano dall’occidente per l’India o il Nepal, magari solo per trovare il fumo più economico. Tutti, in qualche modo, avevano una missione. Oggi che viaggiare è così facile, che ogni informazione è a portata di click, come possiamo dar valore alle nostre parole? Nell’era in cui si viaggia solo per piacere personale, un piacere egoista se vogliamo, di cui gli unici beneficiari siamo noi, c’è un modo per dare profondità a ciò che scriviamo?

R: La profondità non è data necessariamente da scoperte rivoluzionarie o da traguardi mai raggiunti prima. È data, secondo me, dal nostro sguardo sul mondo, che sia uno sguardo sulla metro gialla di Milano o sulla Great Ocean Road australiana. Di conseguenza, la profondità della scrittura è data dalla profondità dell’esperienza e dalla sensibilità di chi la vive. Ormai abbiamo esplorato quasi tutto l’esplorabile, non c’è più niente di nuovo da raccontare, se non la nostra personale esperienza. L’esperienza umana collettiva in fondo è la somma di tutte le esperienze personali, no? Per questo secondo me ha ancora senso viaggiare e raccontare i propri viaggi.

A: Viviamo in un mondo utilitario. Niente ha valore se non serve direttamente a qualcos’altro. Questo si riflette nello scrivere, ormai lo spazio a disposizione nella carta stampata è ben poco per chi vuole emergere, Internet non viene, giustamente, preso troppo sul serio, e chi riesce a fare dello scrivere una professione finisce spesso per diventare un copywriter, scrivere articoli per il SEO di cui a pochi interessa il contenuto, o essere pagato spiccioli per articoli di valore. Insomma sembra essere un vicolo cieco. Eppure c’è chi, come te, continua a scrivere, a mantenere la propria passione, a sforzarsi di trovare l’idea vincente. Come ti rapporti a questo sistema? Come speri di emergere?

R: Io e Christian abbiamo fondato NBM perché volevamo qualcosa in cui riconoscerci: all’epoca entrambi non potevamo viaggiare e abbiamo scelto di farlo aprendo uno spazio in cui raccontare i nostri viaggi passati e lasciare che gli altri raccontassero i loro. Emergere non ci interessava, l’anno scorso non ci siamo nemmeno accorti di essere stati candidati ai Macchianera Italian Awards (quest’anno siamo stati più attenti). Ci interessa, più dell’emergere, il diventare rilevanti per chi ci legge. Il resto non ci interessa molto, anche perché alcune dinamiche del mondo editoriale online e offline, non solo non ci piacciono, ma non le condividiamo. Come ci rapportiamo a questo sistema? Pensando a progetti e contenuti che siano innovativi e interessanti, il resto se verrà, verrà, altrimenti continueremo lo stesso.

A: Su NBM riceverai sicuramente un sacco di proposte di collaborazioni. Come giudichi una storia o un articolo buono da uno scadente?

R: Non mi interessano i diari che raccontano un viaggio con troppe parole e troppi dettagli (ci siamo svegliati, abbiamo preso il caffè, abbiamo chiuso le nostre valigie ecc…). Non mi piacciono gli aggettivi scontati e le immagini trite e ritrite (l’Irlanda è verde smeraldo, ma questo lo sanno tutti ormai). Mi interessa qualcuno che, durante o dopo un viaggio, si è preso la briga di riflettere su quel viaggio, anche se si tratta di una settimana a Sharm el Sheik. E riflettere per me vuol dire chiedersi perché si è deciso di partire, se e come il viaggio ti ha cambiato e quali sono state le tue difficoltà, oggettive o più personali.

A: Oltre alle parole, video, musica e fotografie sono spesso utilizzate per narrare un viaggio. Su NBM tutti questi mezzi sono esposti ed utilizzati in abbondanza. La vostra rubrica fotografica, Model 95, contiene soltanto foto scattate da macchine analogiche. Come mai questa scelta? È il “vecchio stile” un modo più romantico di comunicare oppure trovi più autentica una foto scattata su pellicola, in contrasto con la miriade di immagini digitali che circolano in rete?

(Qui ha risposto Maura, che si occupa di selezionare i fotografi pubblicati da noi)

M: La fotografia per noi è importante non lo neghiamo: siamo tutti grandi appassionati e qualcuno di noi ci lavora. La scelta di orientarci verso lavori scattati su pellicola è nata soprattutto per l’approccio lento che la fotografia analogica obbliga ad avere: ogni scatto è pensato e creato con una calma magica che la fotografia digitale non richiede. Abbiamo ricercato giovani fotografi che utilizzano solo macchine analogiche e ci siamo trovati circondati da moltissimi lavori interessanti che però si perdevano all’interno di internet senza riuscire a circolare con la dovuta attenzione. Poi diciamocelo, siamo un pò degli ortodossi della fotografia e per noi la fotografia vera rimane quella creata realmente dall’impressione luce sulla pellicola!

A: La digitalizzazione dei contenuti senza dubbio ha aumentato la concorrenza, in alcuni casi portato confusione, ma ha anche portato dei vantaggi a chi scrive per diletto. Le possibilità di autopromozione e autopubblicazione hanno grandi potenzialità, e nonostante in Italia siamo ancora un po’ indietro, scrivere, pubblicare e vendere il proprio libro non è mai stato così facile. Voi lo fate con le vostre guide, scaricabili gratuitamente, io con la mia guida sull’Australia. Ovviamente questo metodo non sempre è una scelta, e anche quando lo è rimane difficile essere presi sul serio e riuscire dare il giusto valore al proprio lavoro. La reputazione per questo è fondamentale. Come si costruisce, e quali sono gli errori da evitare se è questa la strada che si vuole percorrere?

R: Dal punto di vista della reputazione, online e offline non fanno molta differenza. Se hai un contenuto, un progetto e un design buono funzioni sia come casa editrice tradizionale (basta guardare il successo di Minimum Fax) sia online (WildJunkets sul mercato anglosassone). L’errore più grande da evitare è credere che un progetto di qualità si possa costruire prendendo scorciatoie. Le scorciatoie non sono quasi mai sinonimo di qualità.

A: Per concludere, non possiamo parlare di letteratura di viaggio senza consigliare qualcosa da leggere. Io ultimamente ho letto dei viaggi in Italia di Aldous Huxley, sto leggendo “I diari del rum” di Hunter S. Thompson, e ho in programma “Marching Powder” di Rusty Young. Tu cosa leggi?

R: Io adesso sto leggendo Gelo di Bill Streever. Questa estate ho letto (in ritardo su mezza Italia, immagino) Cristo si è fermato a Eboli e l’ho trovato uno splendido, anche se atipico, racconto di viaggio che fa un uso incredibile della lingua italiana. Qualche giorno fa in biblioteca ho prenotato una manciata di libri su Torino e grazie al contributo di Nicola Bottiglieri su NBM sto scoprendo libri sulla Terra del Fuoco.

A: Qualche sito da tenere sott’occhio invece?

R: Italiani

Cervelli fuori, che si concentra sugli italiani che vivono all’estero 

Nuok, che è partito da New York e ormai punta a conquistare il mondo ma con una filosofia molto simile a quella di NBM 

Tomaski.it, che fa cultura senza prendersi troppo sul serio

SurviveMilano, una guida per chi pensa che Milano sia inaccessibile

Il Mitte, quotidiano degli italiani a Berlino

Stranieri:

Boat Magazine, una rivista di viaggio che racconta le città trasferendoci l’intera redazione

Wayfare Magazine, un magazine online e un blog stilisticamente ineccepibile

Roads & Kingdoms, quando viaggiare è anche sinonimo di politica

Afar, assieme a Boat Magazine è l’unica rivista di viaggi che comprerei in edicola

Potete seguire Rachele su No Borders Magazine. Alla prossima Travel Talk.