Una Classica Conversazione tra Backpackers

Non c’è via di scampo. Viaggiando tra ostelli, treni, autobus e campeggi, ci sono quelle domande alle quali proprio non si può fuggire. E non sono quelle della dogana, attenzione, ma la rituale serie di quesiti posti dagli altri viaggiatori. E quella che inzialmente sembra essere una conversazione nata da pura curiosità, diventa poco più che una recita dopo la quattrocentoventisettesima ripetizione nel giro di una settimana. Un dialogo al quale ci si abitua talmente tanto che sembra quasi strano conoscere qualcuno senza scambiarsi prima queste consumate informazioni, un po’ come dire “Pronto!” quando si risponde al telefono, non c’è conversazione tra backpackers che non cominci così:

“Da dove vieni?”

È un classico. La provenienza è fondamentale, come per le mozzarelle D.O.C., l’origine è l’unica cosa che fa la differenza. In un territorio (l’ostello), dove l’uniforme zaino-barba-one minute noodles per cena rende tutti uguali, l’unica distinzione è da dove venite. A meno che non siate tedeschi. In quel caso ci sono sempre altri tedeschi, anche quando non li vedete. La risposta a questa domanda non ha importanza, la battuta che segue sarà, inevitabilmente, una delle due:

“Ahhh, ho un cugino/zio/fratello/collega/nipote/pescerosso/personaconcuihoviaggiato che viene da lì! Non vedo l’ora di andarci, mi hanno detto che è bellissimo” oppure “Ci sono stato l’anno scorso, uno dei miei posti preferiti!”

Ciò che arriva dopo, è una lama a doppio taglio, alla quale non si può scappare, ma che a sua volta ha bisogno di particolare attenzione al momento della risposta.

“Per quanto tempo stai viaggiando?” Il motivo della domanda, in questo caso, è un modo di prendere le misure. L’ego del viaggiatore aumenta all’aumentare della duarata del suo viaggio, è scientificamente provato, e chiedere quanto per quanto tempo sia per strada qualcun altro non è per curiosità nella risposta, ma nella speranza che questo non abbia viaggiato altrettanto. Qualcuno qui parla di sindrome della compensazione, è solo un modo per capire chi ha il viaggio più lungo. Io lo chiedo sempre.

“Da quanto è che sei qui?” Altra domanda rischiosa. Ciò che si potrebbe incombere di seguito a questa domanda sta solamente a voi. Dicendo “Da una settimana”, il vostro interlocutore si evolverà magicamente in un’esperta guida turistica, che grazie al suo passato tormentato nella vostra destinazione potrà raccontarvi tutto quello che c’è da sapere, anche quando non lo volete sapere, sul posto. L’altra opzione è “Da sei mesi”. E questo è quello che succederà:

“Qual è il tuo posto preferito?”
“Hai assaggiato <inserisci cibo locale>?”
“Sei stato a <inserisci attrazione locale>?”
“Dove andrai dopo?”
“Vuoi fermarti a vivere qui?”
“Quando tornerai a casa?”
“Cosa farai quando tornerai a casa?”
“Qual è la cosa più stupida che hai fatto?”
“Viaggi da solo?”
“Non ti annoi a viaggiare da solo?”

E infine, se riuscite a sostenere l’interrogatorio completo senza cominciare a lacrimare, non c’è conversazione che non si concluda con:

“Sei su Facebook?”

Solo per rendersi conto che l’unica domanda che manca è:

“Come ti chiami?”