Alcune Considerazioni su 4 Anni di Viaggio che Mica Sono Pochi

Partivo, a fine Gennaio 2010, per un viaggio di sei mesi in Australia. Partivo per sei mesi. Partivo per l’Australia. Mica partivo per quattro anni. Mica partivo per tredici paesi diversi. Mica partivo per finire a vivere due anni in Nuova Zelanda, o per passare un anno intero in Asia. O stare cinque mesi in India. O tornare quattro volte in Thailandia. O abitare quattro mesi in un pulmino. Vivere in uno zaino. Io non lo sapevo cosa sarebbe successo, nessuno mi aveva avvertito. Se avessi saputo che sei mesi sarebbero stati quattro anni sarei partito lo stesso, a vent’anni? Probabilmente no, mi viene da dire. Come si fa?

Non so se sia possibile scegliere in modo conscio di distaccarsi per quasi mezzo decennio da ogni piano, ogni progetto, ogni aspettativa futura, ogni sicurezza, ogni affetto, ogni abitudine per ricominciare tutto da capo senza avere idea di cosa sia quel tutto. La mia scelta non è stata una scelta. La scelta era andare in Australia, andare a lavorare in una fattoria come fanno un po’ tutti, visitare qualche posto con i soldi guadagnati, tornare a casa, fare l’università, rimettermi sulle rotaie delle cose normali. Ma ho deragliato. Niente è andato come previsto, neanche una cosa, e per questo non potrei dire che rifarei quello che ho fatto, perché io non ho fatto niente, sono gli eventi che si sono incastrati così, per caso. Certo, la mia responsabilità sta nell’aver lasciato andare, nell’aver abbandonato l’ansia del controllo e aver accettato, per una volta, di prendere le cose come venivano.

I primi mesi mi sentivo Jim Carrey in Yes Man. Ogni nuova conoscenza, ogni proposta, ogni idea era da accogliere, da scoprire, da rischiare. Tutto era nuovo e ogni dettaglio aveva un valore. Ogni preoccupazione era uno stimolo, ogni passo avanti era un successo. Non c’era un domani in cui sarei dovuto tornare, un elenco di posti da vedere, un itinerario, quello che arrivava, lo prendevo, così com’era. I primi mesi, purtroppo, non torneranno. L’intensità del periodo iniziale, quel mettere piede su un territorio nuovo, senza alcuna esperienza di viaggio alle spalle, senza un luogo dove dormire, senza risorse o contatti, senza un biglietto di ritorno ed essendo aperti ad ogni possibilità, non sono riuscito a ritrovarla né prima, né dopo quei primi tre o quattro mesi in Australia. Non si può tornare vergini. Purtroppo.

Oggi, ammetto abbastanza apertamente di aver passato gli ultimi tre anni e nove mesi a ricercare quella sensazione. Ci ho provato in ogni modo a mettermi i bastoni tra le ruote, trovarmi in difficoltà, inserirmi in situazioni estranee, uscire dalla mia zona di comfort, ma non credo sarà mai la stessa cosa. C’è uno svantaggio nel viaggiare a lungo termine che è difficile da superare, ed è legato proprio al motivo stesso per cui si parte: l’esperienza. Se il primo passo è un salto nel buio, dopo anni sulla strada non solo si è preparati e predisposti a ciò che arriverà, ma si acquista una sicurezza che ci fa sentire come se si potesse conquistare il mondo, un passo alla volta. Se quattro anni fa doversi mettere alla ricerca di un’ostello a Melbourne senza una mappa era un’impresa elettrizzante, oggi è un operazione quotidiana, quasi noiosa. Se all’inizio era interessante sapere la provenienza dei propri compagni di stanza, oggi è normale discutere concretamente se sia più opportuno passare dal Kyrgystan o dal Kazakhstan, se il campo base dell’Everest sia fattibile d’inverno, se 2.000 chilometri di itinerario in più siano meglio da fare in treno o in autobus. Ci sono più possibilità che si aprono, con l’esperienza, ma altrettanti dettagli che si perdono.

Non saprei dire con esattezza quando ci si arriva, ma c’è un punto, un momento, in cui si giunge alla conclusione che per quanto riguarda il viaggiare, tutto è possibile. Basta volerlo. Ci si rende conto che per ogni porta del mondo abbiamo la chiave. Questo non suonerà come un ostacolo, ma è facile che diventi tale. Io non sono mai stato agli Uffizi, perché sono a mezz’ora da casa mia. E lo stesso può succedere viaggiando, quando tutto è a portata di mano si tratta solo di scegliere. Scegliere significa prendere controllo, e prendere controllo significa perdere la spontaneetà che un piano definito non può possedere.

Oggi vivo una vita di estremi. Cerco nuove idee e nuovi itinerari, leggo, scrivo e penso come mai ho fatto prima. Fermarmi, mentalmente, mi spaventa, ma trovare nuovi territori, sempre mentali, da esplorare è sempre più difficile. Mi piacerebbe dire che mi accontento di poco, ma direi una bugia, perché per trovare quella novità per ogni passo che fai la distanza si allunga.

Quando comincia la vita adulta? A 18 anni? O a 16? O a 20? Io oggi ho 24 anni. La maggior parte della mia vita da adulto l’ho passata così, lontano. Forse inizialmente il mio ego ha cercato di convincermi che questo fosse uno stile di vita migliore degli altri, indipendente dalle imposizioni della società e altre cose che suonano bene. Ma la verità è che io non ho idea di cosa sia meglio o cosa sia peggio, perché questo essere di passaggio è l’unica realtà che conosco e forse l’unica realtà in cui mi sento bene, per quanto a volte, spesso, vi siano dei buchi da riempire.

Avrei voluto scrivere o descrivere meglio questi quattro anni di avventure, parlare di luoghi e di personaggi, ma mi trovo ad aver a che fare con qualcosa che, ancora, non riesco ad elaborare in modo completo. Quali siano i risultati di questo percorso ancora non concluso, dove mi porterà questo itinerario che mi si stende sotto i piedi e soprattutto, se passare quattro anni sulla strada valga le energie che costa, ancora non lo so. Alla fine, se una fine ci sarà, forse sarà più facile unire tutti i pezzi, ma per ora l’unica cosa che posso fare è continuare a fare quello che so fare meglio fino a quando non vedrò un tragurdo: viaggiare. E io che pensavo di andare a chiarirmi le idee.

  1. "Non saprei dire con esattezza quando ci si arriva, ma c’è un punto, un momento, in cui si giunge alla conclusione che per quanto riguarda il viaggiare, tutto è possibile. Basta volerlo. Ci si rende conto che per ogni porta del mondo abbiamo la chiave".

    Mi piace moltissimo questo pezzo! Complimenti per tutto.

    PS: occhio agli apostrofi 😉

    1. Grazie mille. Un segreto sugli apostrofi: ho la tastiera thailandese, quindi ho un programma che me li mette in automatico (programma che si chiama appunto "accenti", utilissimo), a volte fa qualche scherzo, ricontrollerò. grazie per la segnalazione!

      1. Figurati 😉

        Quando sbaglio nel mio lavoro apprezzo un sacco chi mi fa notare gli errori di scrittura, allora penso che possa essere utile fare lo stesso con gli altri, anche potendo sembrare un po' "maestrina".

  2. Pensavo di trovare una valanga di commenti, perché questo è un pezzo che merita il tempo di fermarsi un attimo e lasciare una risposta a queste sensazioni, parole, idee…

    Ho adorato la primissima immagine, l'idea di deragliare da un percorso che si era ipotizzato, ma mai realizzato(Forse fortunatamente oserei dire). Penso che ci voglia sempre del coraggio e l'amore per il viaggio, ma qui si va oltre. Si è oltre al viaggiare, qui si parla di vivere, di fare del viaggio la propria vita, il proprio quotidiano. Sinceramente oggi non so se è quello che cerco, ma mi auguro che possa essere quello che un domani cercherò.

    Grazie Angelo per avermi concesso questi minuti di riflessione, ti auguro di riprovare il brivido dei primi mesi.

    #Spezio

    1. Ciao Spezio,
      grazie a te del commento e scusa del ritardo nella risposta (internet a volte è un lusso da queste parti). Se può aiutare neanch'io che ci sono nel mezzo so se è oggi quello che cerco, ma forse proprio non saperlo è la spinta necessaria!
      Ciao

  3. Ciao Angelo, bellissimo articolo davvero! è vero, quando sei in viaggio tutto ti sembra possibile e basta volerlo, mentre viaggiavo tra Nuova Zelanda, Fiji e Samoa – oltre che Australia – avevo la stessa sensazione. Finchè il senso del dovere, quel maledetto senso del dovere, mi ha fatto tornare per concludere gli studi. Da quel giorno vivo con il desiderio di partire di nuovo…

  4. É anche grazie a te se un anno fa ho mollato tutto e sono partita alla volta dell'australia. E per l'ennesima volta mi ispiri profondamente, tocchi corde delicate, esprimi sentimenti veri. Ho ancora la tua guida in pdf del wha. Ogni tanto la rileggo per riprovare quel tuffo al cuore del pre-partenza. Abbi cura delle tua ali, ora che le usi per volare.

  5. Bellissimo scritto, che da spunti di riflessioni e che riprende a pieno l'essenza di noi uomini (o almeno come ci siamo definiti). Alle volte e' difficile accettare ed acchiappare quella lucidità, ma quando arriva, in quei momenti inaspettati o ricercati che siano, ti ricordi che non c'e' un giusto e sbagliato, un meglio or peggio, ma solo una complessità che e' alla fin dei conti semplice e senza troppo senso. Il "senso" e' qualcosa che noi tutti abbiamo inventato e con cui quotidianamente conviviamo semanticamente, ma la nostra materia costituente non differisce di lunga dalla materia prima dell'intero universo…. che spesso non ha un senso ma solo una prospettiva di mistero, differenze, unioni, divisioni, colori e leggi fisiche. Il che non preclude il fatto che la ricerca nel viaggio non arricchisca lo spirito e che quindi possa contribuire ad una propagazione di positività per il prospetto e la speranza di un miglioramento della coscienza collettiva..

    Grazie e in bocca al lupo con il nostro proseguimento.

  6. L'ho letto in realtà due giorni fa. Mi è arrivato un messaggio su whatsapp che mi chiedeva se l'avessi letto (mi conoscono e sanno che se potessi ti farei da sponsor 😀 ).

    L'ho letto, e sono rimasta davanti al pc. Immobile. Poi ho chiuso tutto e sono uscita. L'ho riletto di nuovo oggi. E' uno di quegli articoli che rimangono così, sospesi nei pensieri anche se stai riflettendo su altro. Il lasciarsi andare mi ha colpito. Forse è banale, ma poche volte ci lasciamo andare, tentiamo inesorabilmente di tenere tutto sotto controllo. Questo è un lavoro molto duro, per me, per ora. Quella sensazione del "si può tutto, basta volerlo", l'ho sperimentata, in un viaggio simile al tuo, che non è durato 4 anni, ma che mi ha lasciato una consapevolezza. Che forse ho un po' riperso nel vortice. Ma questi sono altri discorsi.. Volevo dirti in realtà bravo, perdersi fa bene, e non capire nulla, anche. Vuol dire paradossalmente che stai iniziando a capire qualcosa.

    1. Grazie (come sempre) del commento. E lo so che lasciarsi andare non è facile, non so mica se ci riesco più neanch'io. All'inizio è semplice perché non lo sai dove vai, e non hai scelta. Ma dopo un po' un'idea te la fai e la direzioni inizi a darla. Poi io sono un maniaco del controllo, se l'ho fatto io possono farlo tutti.
      Ciao!

      1. Io anche sono un po' maniaca, è questo che ci frega! Ma bisogna lavorarci un po'.. sempre. Grazie a te, come sempre, di scrivere.

  7. Parole le tue piene di interrogativi, le ho lette e rilette.

    In altra forma (dopo 15 anni di spostamenti in Italia e non con la famiglia, per necessità lavorative e nel tempo libero per vedere il mondo) ho provato questa tua sensazione di "essere di passaggio". E ho l'impressione, parlo solo per me, che alla lunga – soprattutto quando ti capiterà di avere un figlio, si debba trovare un punto fermo, come diceva il buon Battiato un centro di gravità permanente.

    Che poi ognuno lo trovi dove vuole e dove preferisce, dentro di sè o fuori 🙂

    Ti ringrazio, ottimo post, di quelli che se ne leggono pochi

    1. Scusami Giovanni, niente rancori ma … come fai a dire che Angelo scrive male? non faccio altri commenti, dico solo che ognuno di noi ha il suo modo di vedere le cose e di relazionarsi agli altri; quello che ho imparato in questi anni è il saper ascoltare ed inoltre, che per spiegare e assimilare bene i concetti, occorre mettere tra te e l’altro meno blocchi possibili … e iniziare al negativo di certo non aiuta l’apertura e il libero scambio di idee. Tutto qui.

  8. Ho trovato il tuo articolo su facebook, condiviso da un'amica e quando si parla di viaggi io non resisto e devo sapere, quindi l'ho letto.

    Mi aspettavo il racconto di luoghi, persone, pensieri e sensazioni di quello che pochi riescono a vivere: il viaggio della vita. E invece? Invece trovo molto di più, trovo le parole di un ragazzo che non ha saputo fermarsi, che ha voluto scoprire, che si è arricchito così tanto da dover prendere una pausa.

    Onestamente sono un po' gelosa, un po' invidiosa… Non dei posti che hai visto, delle persone che hai conosciuto, dei racconti che hai ascoltato e delle storie che hai da raccontare; sono gelosa del tuo coraggio, del tuo aver avuto la forza di fare quel passo verso l'Australia. Ti invidio perchè, io, in un momento in cui pensavo di dover vivere la vita che mi ero prefissata, ho smesso di avere quel coraggio e lo sto ritrovando solo ultimamente ma mai a pieno, solo qualche goccia… Ma ci sto lavorando 😉

  9. Sei un grande, Angelo. Scrivi bene, pensi meglio, e comunichi in modo eccezionale. Pur avendo viaggiato meno, e in modo diverso da te, ho provato le stesse sensazioni: quella novità che poi diventa routine, quel pensiero che niente è veramente impossibile, quel senso che sembra essere alla nostra portata, ma ogni volta ci sfugge, ed è li, sempre dietro l'ultima curva di una strada che per noi che ci siamo messi in viaggio forse non avrà mai fine, o forse anche si, chi lo sa. Importa? No, è così e basta.

    Buon proseguimento, e ancora una volta, buona strada.

  10. "se passare quattro anni sulla strada valga le energie che costa, ancora non lo so" dal mio punto di vista posso solo dirti che vale Angelo, vale tanto! perchè in questi 4 anni hai VISSUTO la TUA VITA, hai visto paesi e incrontrato genti e culture, hai fatto ciò che credevi fosse giusto per te, e questo a parer mio non è mai sbagliato. C'è sempre tempo per stabilizzarsi in un luogo fisso, credimi, il brutto è che quando sei stanziale e hai delle abitudini acquisite, poi non riesci più ad uscirne, è come un recinto, un buon recinto in cui dentro stai bene e sei protetto … ma è stretto, se ci pensi ti rendi conto che è molto stretto. Spero un giorno di trovare anche io il coraggio per uscire dalla mia "zona di confort" per poter fare qualche esperienza, ho paura dei rimpianti che potrei avere se non faccio nulla per provare a cambiare. La vita è un dono, se non facciamo e cerchiamo le cose che ci attirano e ci fanno sognare … beh, alla fine a cosa serve?

    un attore, Michael Fassbender ha detto in una recente intervista: "per essere felici bisogna saper rischiare"

  11. Scusami Giovanni, niente rancori ma … come fai a dire che Angelo scrive male? non faccio altri commenti, dico solo che ognuno di noi ha il suo modo di vedere le cose e di relazionarsi agli altri; quello che ho imparato in questi anni è il saper ascoltare ed inoltre, che per spiegare e assimilare bene i concetti, occorre mettere tra te e l'altro meno blocchi possibili … e iniziare al negativo di certo non aiuta l'apertura e il libero scambio di idee. Tutto qui.

  12. Grazie per il post. Una piccola conferma indiretta di una cosa che temo ogni giorno di più: la necessità di cercare sempre nuove frontiere che mi risucchia come una dipendenza da droga. Cerco di acquisire competenze non più nel vivere l'imprevisto e il nuovo ma nel trovare pace e gioia in ciò che già ho. A suo modo una frontiera anche quella. Nel tuo post ho letto molte delle mie riflessioni (anche se sono col culo su una sedia a Milano).

  13. Molto interessante e bello. Io viaggio da 10 anni ormai, in molti modi diversi. E posso credo di avere capito che e' la mia relazione al viaggio ad evolversi, il modo in cui io riesco a vivere il nuovo. Paradossalmente, uno puo' irrigidirsi anche in viaggio – diventando schiavo della ricrca dell'eccitamento delle origini, quello che tu chiami la "verginita" perduta. E quando questo succede, devi lasciarti andare di nuovo – lasciare che ogni nuovo momento ti risucchi nella sua unicita e poesia. Non cercare, trova. Un grande abbraccio.

  14. Bè … cosa dire, questo pezzo è un capolavoro di sensibilità e tocca le corde più profonde del viaggiatore. Perché viaggiamo ? Cosa cerchiamo in realtà nel viaggio ? E' possibile mantenere vivo quello stupore iniziale o anche il viaggiare inerosabilmente finisce con il rientrare anch'esso nell'elenco delle abitudini ? Mi hai fatto venire in mente un frase del compianto Terzani: "Viaggiare ha senso solo se si ritorna con qualche risposta nella valigia". Grazie Angelo per questo momento di profonda riflessione che ci hai regalato.

  15. nella mia vita ho sempre creduto che ogni scelta porti via una parte di noi stessi, nel bene o nel male, perdiamo qualcosa di noi quando salutiamo il “me” che alla soluzione A preferiva la Soluzione B. forse è per questo che ogni volta che c’è da prendere una decisione mi beo in quel periodo dove coesistono più versioni di me stessa. Lo chiamo il periodo del Grande Forse e sento che tutto è possibile. Ma non ho mai saputo spiegare a nessuno questa sensazione. Quando oggi ho letto il tuo articolo per caso, per poco non ci rimanevo secca, quando scrivi : “quando tutto è a portata di mano si tratta solo di scegliere. Scegliere significa prendere controllo, e prendere controllo significa perdere la spontaneetà che un piano definito non può possedere" Dai una forma a quello che ho sempre sostenuto, ma che non ero in grado di esprimere…quindi grazie, grazie, grazie per aver viaggiato come hai fatto ma soprattutto per aver dato una voce al mio Grande Forse.

  16. Uno degli articoli "di" e "sul" viaggio più belli che abbia mai letto. E ne ho letto molti.
    Complimenti Angelo, una popolarità meritatissima.
    Maddalena

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