Turismo Insostenibile: Un Manuale Pratico

Che poi, alla fine dei conti, il problema del turismo sostenibile, o di tutto quello che è sostenibile, è uno solo: l’assolutismo morale. La tendenza di tutti quelli che non sono te a cercare la perfezione in tutti quelli che non sono loro. È difficile tentare di spiegare che in un mondo imperfetto trovare un modo di comportarsi che sia oggettivamente giusto è vicino all’impossibile, ed è ancora più difficile cercare di convincere qualcuno della validità del concetto, molto più semplice, che fare qualcosa è meglio che fare niente. È difficile spiegarlo sia a chi fa che a chi non fa. Sì, perché se viaggi solo a piedi, mangi solo locale, ti metti la spazzatura in tasca e ti fai la doccia ogni lunedì, fredda, e mai per più di 45 secondi arriverà sempre qualcuno che viaggia solo a piedi, mangia solo locale, si mette la spazzatura in tasca, si fa la doccia ogni lunedì, fredda, e mai per più di 45 secondi, ma è anche vegano, non calpesta l’erba e neanche bestemmia. Che dirà che tu non ti impegni abbastanza. Che è la verità. E quindi sei stronzo. Se chi si impegna di più non lo trovi, però, c’è sempre quello che ti tagga su Facebook in una foto del 1987 in cui per sbaglio hai mangiato un gamberetto proveniente dell’Oceano Indiano per dirti che è inutile che fai il fenomeno a mangiare mele prendendole al volo mentre cadono naturalmente dall’albero se poi sotto sotto sei uno sterminatore di gamberetti indiani senza pietà. Che è la verità. E quindi sei stronzo.

Il fatto è che la verità è proprio questa: sei stronzo. Potresti sempre fare di meglio, ma non lo fai perché sei un essere umano. E di conseguenza è difficile parlarne, cercare di comunicare un messaggio positivo perché non può mai essere universalmente giusto. Anche se è vero che ognuno si comporta come crede e chi è onesto con sé stesso non dovrebbe preoccuparsi del giudizio altrui, è vero anche che quando si parla di sostenibilità la soluzione sta nei comportamenti di massa, non in quelli dei singoli. Pensare per sé, in questo caso non è sufficiente, se non per sentirsi un po’ meno in colpa (altra cosa che la differenza non la fa). Quindi, dato che l’esempio non è possibile darlo perché l’unica risposta ricevibile è un “Si, ma…”, dato che, piaccia o meno, il paragone è uno strumento di cui non riusciamo a fare a meno e dato che l’unico vero modo di viaggiare in modo sostenibile sarebbe starsene a casa a piantare melanzane, se ne deduce che chi sta meglio, alla fine, è chi se ne batte le palle e fa quello che gli pare. Cioè che ora non posso neanche più volare in Thailandia per una settimana e bermi il mio litro e mezzo di caffè da Starbuck’s che questi con i pantaloni di canapa devono venirmi a incolpare per la fine del mondo. Tanto mica finisce domani. Cioè speriamo, che ho la lezione di yoga, iogu, yogurt, come si dice in inglese, che ne so. Poi sono in vacanza lasciatemi in pace, perbacco.

Il turismo insostenibile è oggi il modo di muoversi più comune. Godersi il momento senza pensare alle conseguenze, lo chiamano alcuni. Si vive una volta sola. Carpe diem. Cose così. Nella pratica è il metodo più facile per viaggiare, ma anche qui, c’è modo e modo di farlo. Di seguito una breve guida al diventare il perfetto viaggiatore insostenibile in soli tre passi e quindi, essere felici.

Il Week-end di Plastica

Volare è bellissimo. In un paio d’ore sei in tutta Europa o quasi. In massimo una giornata raggiungi ogni punto del mondo. Ora, se fossimo qui a guardare il pelo nell’uovo potremmo dire che un passeggero di un aereo pieno contro un passeggero di una macchina piena inquina almeno sei o sette volte in più in sei o sette volte meno tempo, ma lasciamo fare. Senza aereo non si potrebbe andare un paio di giorni a Parigi o a Londra e senza andare un paio di giorni a Parigi o a Londra saremmo veramente persone di bassa lega.

Grandi scrittori hanno parlato a lungo di come viaggiare sia una cura per la mente. Non era ancora arrivata Ryanair. È colpa loro se oggi ci si sente in dovere di viaggiare, quando si può e come si può. Così due giorni di volo + McDonald’s + souvenir made in China + visita al museo da mettere su Instagram diventano una cosa socialmente accettabile. Ci si becca anche i complimenti. E questi non sono neanche i tour organizzati.

Destinazioni Incontaminate

Se quei fattoni degli ambientalisti storgono il naso quando si vola spesso e su brevi distanze, per andare lontano questa diventa la soluzione migliore. Cioè non posso mica guidare per due mesi. Andando lontano, distanziandosi dalla propria cultura, diventa più difficile per il viaggiatore insostenibile capire dove è opportuno arrivare. Perché sì, si parte per uscire dalla propria zona di comfort, per mettersi a confronto con l’ignoto e tutte quelle cose lì, ma perché un viaggio sia giustificato è necessario che la destinazione sia un luogo: pulito, con il bel tempo, dove si mangi bene, dove ci sia il caffè perché senza caffè la mattina non mi alzo che guarda non lo dico per fare il difficile ma io ne ho proprio bisogno fisico, dove si parli inglese, possibilmente anche italiano, dove costi poco, dove ci sia il mare, dove il mare sia bello, dove in alta stagione non ci siano un milione di altri turisti, dove il cesso non sia un buco in terra, dove non mi becco le malattie.

Ora, un luogo così è un po’ difficile da trovare, ma in questo manuale voglio rendere le cose più facili separando i posti andabili da quelli non andabili. Bali? No. Phi Phi Island? No. Phuket? No. In questi posti, e tutti i posti come questi, non bisogna andarci perché tanto li stanno già smerdando altri. Il nostro compito, qui, è trovare le destinazioni incontaminate e contaminarle con la nostra insostenibilità, che equivale alla nostra presenza. Ogni volta che un blogger vi dice di aver trovato una spiaggia isolata, ogni volta che un resort nella foresta si presenta con prefissi come eco- o bio-, ogni volta che Google Maps si impalla perché quel nome è introvabile, è lì che bisogna andare. Non solo andare, ma andare, fotografare, condividere, vantarsi, incitare, di modo che l’anno prossimo tutti possano arrivare su questa isola non attrezzata, lamentarsi perché non è attrezzata e permettere così ai locali di dire “Questi turisti sono proprio dei rincoglioniti, ora ordino 1.000 sdraio di plastica dalla Cina e gliele noleggio a tre dollari l’una“. Funziona sempre.

L’Insostenibilità Culturale

Spesso si riduce ogni tesi sulla sostenibilità al riuscire a mantenere intatto l’ambiente che ci circonda, ma non si tratta solo di questo. Per rendere accessibile ogni angolo del pianeta è opportuno comportarsi male anche nei confronti delle culture diverse dalle nostre. Ad esempio, durante la visita ad un tempio sarà capitato di trovare chiuso perché magari è l’ora della preghiera, rendendosi conto che l’ora della preghiera è anche la migliore per scattare foto. Cosa fare? È semplice. Per le donne basta cominciare a entrare con spalle scoperte e minigonna. Per gli uomini basta bestemmiare. I poveri monaci, che non hanno visto una coscia nuda dal 1974, capiranno ben presto che l’unico modo per mantenere la concentrazione è spostare la propria preghiera in un luogo più segregato, così quando loro saranno saliti su un monte a piedi nudi per stare in pace in una stanza non riscaldata, il tempio in questione sarà trasformato in un’attrazione turistica aperta a tutti, sempre, e sarà installato al suo interno un condizionatore. Di plastica. Ripetere il procedimento con la stanza sul monte.

Conclusione

Non ci vuole molto, è davvero facile ottenere il meglio da questo mondo senza dover dare niente in cambio. Nel breve termine consumare fare tutto nel minor tempo possibile è l’unico modo per sentirsi appagati. Sul lungo termine invece ha più senso raggiungere destinazioni remote e fare in modo che queste diventino meno remote, più aperte, più confortevoli, più economiche. Più uguali a casa nostra. Senza l’aiuto delle persone del posto rimarrebbe però impossibile rendere completa l’esperienza del viaggio quindi far pesare loro il fatto che siamo ospiti, siamo venuti da lontano e fa troppo caldo per coprirsi la testa con un velo sarà il metodo più efficiace per fargli capire che non ci interessa come ci rendano felici, basta che lo facciano subito e non chiedano la mancia. Perché tutto quello che conta, siamo noi. Giusto?

  1. l'hai detto giusta Angelo,di sostenibile non c'é un tubo tranne che gli assolutismi e nella vita di assoluto non c'è niente.Comunque starsene a casa a piantare melanzane se proprio proprio,non é sostenibile,in ogni zappata smuovi la terra e ne fai fuori un sacco di insetti 🙂

  2. "Be the change you wish to see in the world", ha detto una volta un piccoletto indiano. Come sostiene questa persona i comportamenti di massa sono fatti da tanti comportamenti di singoli; inoltre io penso che, nonostante ci sia sempre qualcuno che faccia più di noi (è anche vegano, non calpesta l’erba e neanche bestemmia, come dici tu), le cose che crediamo giuste le facciamo per noi e per gli altri, non per far vedere che siamo i migliori (o almeno spero funzioni così).

    Quindi anche se qualcuno ti fa storie perché non sei "migliore" quanto lui, puoi sempre dire: "si hai ragione, non sono ancora abbastanza allenato per essere al tuo livello di "miglioraggine", però nel frattempo il mondo è, forse, un pochino (ma molto pochino) migliore grazie a quella cartaccia per terra che io ho raccolto".

    Insomma un motivo per cercare di fare cose positive c'è sempre, non essere drammatico ! (detto in tono scherzoso chiaramente) 🙂

    Io ho letto proprio ieri questo ( https://exploremore.it/2011/02/21/i-backpackers-sa… ) tuo vecchio articolo che espone idee diverse da quelle attuali, c'è qualcosa in particolare che ti ha fatto cambiare idea ?

    1. Ciao Giacomo,

      Grazie per il commento intanto. L'articolo che citi è molto vecchio, ma non posso dire di aver cambiato idea del tutto. Come ho detto non c'è una verità assoluta e più facce della medaglia possono essere giuste contemporaneamente. È ovvio poi che fare qualcosa è fare meglio di niente, ed è vero che questo qualcosa lo si fa per noi stessi, non per essere migliori di altri, però può essere frustrante impegnarsi per qualcosa che non produce risultati.

      1. Figurati, fa solo piacere, e grazie a te per la risposta !

        Da questo punto di vista non posso che darti ragione; è una gran seccatura, ad esempio, quando tu ti stai impegnando per essere sempre gentile con le persone (o disponibile, o che so io) e, non appena sei un pochino (molto pochino) scorbutico con qualcuno salta fuori la frase: "ehh che roba ! sei sempre scortese con tutti, datti un calmata !".

        Ma che si può fare, è tutta questione di allenamento e tempo 😉

        Scusa magari l'indiscrezione ma … ciò che hai detto ("però può essere frustrante impegnarsi per qualcosa che non produce risultati.") è riferito alle tue esperienze in generale oppure a qualche preciso evento ?

  3. Come promesso, rieccomi qui a leggerti!

    La prima parte del post è divertente, ma hai anche descritto benissimo il punto fondamentale dell'annoso dibattito tra chi sostiene e chi sostiene di più o meglio! Mi ci ritrovo in pieno!

    Ah dimenticavo…sempre divertente e ironico al punto giusto!

  4. Pingback: Sui karen e sulla sostenibilità, con qualche ortaggio di mezzo | Something to Care

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