Via Terra: da Amsterdam a Kiev

La ragione per cui sono partito verso est è che di prenotare, quest’estate, non mi andava proprio. Non sapevo con esattezza quando mi sarei liberato dagli impegni della vita stanziale, ma non appena mi sono accorto di aver finito di fare le cose che faccio quando faccio cose, ho preso il primo autobus che da Amsterdam mi ha portato a Berlino. Non era l’unica opzione, nel dirigermi verso l’Europa dell’est. Avrei potuto far tappa in diversi altri luoghi in Germania, luoghi da cui credevo valesse la pena passare, ma da cui poi non sono passato. Pensavo di fermarmi ad Amburgo ad esempio, poi salire a Lubecca e proseguire verso Rostock, sulla costa del Baltico. E invece sono andato a Berlino, e mi sono fermato una notte soltanto, perché due mesi di viaggio sono tanti ma non tantissimi. In qualche modo, sembrava che la Polonia, l’Ucraina, la Moldavia e, possibilmente, i paesi del Caucaso si meritassero di più il mio tempo, più della Germania, che è lì, dove posso andare sempre e probabilmente non andrò mai proprio perché ci posso andare sempre.

Nove ore da Amsterdam a Berlino, poi altre tre, o poco meno, da Berlino a Stettino e quindi quattro ore in treno per raggiungere Danzica. Gran treni i treni polacchi, devo dire. Sul Baltico, alla fine, ci sono arrivato, solo con qualche giorno di ritardo e Danzica si è rivelata proprio una bella città, con queste case alte e sottili, dai colori vivaci che si riflettono sul fiume. Un po’ come a Amsterdam, ho pensato, che anche Amsterdam é una bella città, ma Amsterdam già si sa che è una bella città, in Polonia invece mica me lo aspettavo di trovare una città così, forse a causa di pregiudizi inconsci che avevo sulla Polonia e adesso non ho più, perché in Polonia ci sono arrivato e ho visto con i miei occhi che proprio non è come non pensavo di pensare. Vorrei dire che viaggiare ti cambia, che ti apre la mente, etc., ma avevo deciso qualche tempo fa che queste banalità non le avrei scritte più, quindi no, non dirò niente di tutto ciò.

A Danzica ho conosciuto questa polacca che faceva la collezione di tutte le diverse edizioni di Mattatoio N.5. Gran libro, Mattatoio N.5, potrebbe essere uno dei miei preferiti se avessi dei libri preferiti. E mi è dispiaciuto un po’  non averci pensato prima io a collezionare tutte le diverse edizioni di Mattatoio N.5, perché quando me lo ha detto ho pensato che collezione interessante, chissà quante diverse copertine, in quante diverse lingue, con quante diverse illustrazioni e quanti diversi font al suo interno avrai a casa. Ne aveva una quarantina, mi ha detto. Con la polacca, poi, siamo andati a bere in da Józef K., un bar nel centro storico. E se in passato a queste cose non ci avrei fatto troppo caso, adesso, durante il mio primo viaggio da studente di letteratura, il trovarmi al centro di tutti questi riferimenti letterari a meno di una settimana dalla partenza aveva un che di cospirazione, di allineamento positivo dei pianeti.

A Danzica mi sentivo nel posto giusto, quindi il giorno dopo me ne sono andato, che stare comodi che senso ha quando sei in vacanza. Sono sceso a Varsavia, sempre in treno, sempre in quattro ore o poco più. Nel caso non te lo avessero già detto, Facebook è il nuovo Couchsurfing:  mentre stavo viaggiando verso la capitale, mi scrive Marco, un amico che non vedevo da sette, otto o nove anni. E Marco viveva a Varsavia adesso, pensa un po’ le coincidenze, e così, sempre sfruttando il beneficio del non aver prenotato e dell’andare in giro completamente a caso, mi sono trovato a dormire sul suo divano. Anche Varsavia era una bella città, così come Cracovia, dove sono andato dopo. Tutte le principali città polacche mi sono sembrate vivibili, pulite, sicure, divertenti. Da viverci un po’, almeno d’estate, almeno ora che costano ancora poco.

Ad Auschwitz poi non sono andato.  Pensavo di andare, ma tutta quella pubblicità, quei tour organizzati, quei poster colorati ad ogni agenzia turistica, mi hanno fatto un po’ passare la voglia di campo di concentramento. Sono sceso a Zakopane invece, per andare a camminare su qualche montagna e da lì, dopo un paio di giorni sulla catena del Tatra, sono tornato a Cracovia e preso l’autobus per Lviv, la prima grande città oltre il confine ucraino.

Un treno diretto collega Lviv a Kiev. Se lo avessi preso, la mia storia, oggi, finirebbe qui. Ma ho fatto il giro lungo, scendendo a Chernivtsi, salendo a Kamianets-Podilski, riscendendo a Chernivtsi, prendendo poi un minibus per Chinisau, in Moldavia, proseguendo poi per Tiraspol, la capitale dell’inesistente stato della Transinistria, per poi superare nuovamente il confine Ucraino ed arrivare a Odessa, per quindi prendere un autobus per Kiev, proseguire di conseguenza ancora ad est per Kharkiv e infine tornare a Kiev.

In Ucraina non molti parlano inglese. Quando gli chiedi “parli inglese?”, se ti va male ti rispondono “So so” e poi non lo parlano e se ti va bene ti rispondono “Niet” e poi non lo parlano, ma almeno sono onesti. Sono gente riservata gli ucraini, che non ti regalano un sorriso così, per niente, te lo devi guadagnare e mica é facile. Una cosa apprezzabile, se vuoi, in qualche modo. Turisti non ce ne sono molti da queste parti, anche gli ostelli sembrano popolati da gente del posto, che si muove per lavoro, per studio, per scappare dai filo-russi o altre ragioni che con il linguaggio del corpo non è stato possibile comunicare. Qualcuno per piacere, anche. Gli ostelli sono quasi sempre appartamenti riempiti di letti senza alcuna segnaletica, probabilmente abusivi. Ma per tre euro, cosa ti aspetti. Quando ci parli poi, con gli Ucraini, quasi sempre te lo chiedono cosa ci sei venuto a fare qui, in Ucraina, come se lo sapessero anche loro che anche se non ci fosse la guerra nell’est, anche se non ci fosse la crisi economica, sarebbe comunque relativamente semplice trovare destinazioni esteticamente più appetibili. E io, di solito, non so cosa rispondere, non so che ci faccio qui e, tranne per quando mi viene chiesto direttamente, non mi soffermo a pensarci più di tanto. Fare cose, secondo me, è sopravvalutato.

 

Ho scritto della seconda parte di questo itinerario, fino a Yerevan (Armenia), qui.