Resoconto di Due Anni in Nuova Zelanda

La Nuova Zelanda, in qualche modo, è riuscita a rapirmi. Arrivare qui per me non è stata una scelta programmata, allo scadere del mio visto australiano, avendo pochi fondi rimasti a disposizione, ero alla ricerca di un’altra meta che potesse darmi un po’ di lavoro per poter raggiungere la prossima, ancora indeterminata, tappa, e farmi così restare per strada un po’ più a lungo. “Un po’ più a lungo” è diventato due anni. La scelta di Aoteraoa, è stata improvvisa, non pensata, spinta più dalla necessità che dalla curiosità verso un Paese sul quale non avrei scommesso un euro, e durante tutta la mia permanenza non ho mai avuto il tempo di fermarmi a pensare, di rendermi conto, di quanto in realtà questo posto mi avesse in verità coinvolto, risucchiato nella sua realtà.

Nel piatto dove mangio ci ho sputato più volte, lo ammetto. Mi sono annoiato, mi sono incazzato, mi sono chiesto cosa ci faccio in questo posto in culo al mondo. Sono spesso stato così impegnato a preoccuparmi dei grandi piani per il futuro, del prossimo passo, della funzione di questo luogo nei confronti di cosa avverrà domani, per capire che alla Nuova Zelanda il tempo non interessa. Nella terra dei kiwi la fretta, la fame di successo, di crescita, ancora non è arrivata, e più si prova a spingere, a strafare, e più questa piccola coppia di isole, con una scrollata di spalle, ti guarda in faccia e ti dice “Chill out bro!”, rilassati. Ed è facile ai nostri tempi farsi sfuggire il presente di mano. Nella corsa al progresso, alla realizzazione personale, ci svegliamo che è già domani, cerchiamo di guardare così lontano da non accorgerci di cosa stiamo calpestando. Ecco, nonostante mi ci sia voluto un po’ per capirlo, se c’è una cosa, una sola cosa, che la Nuova Zelanda mi ha regalato in questi due anni è il tempo fermarmi, di far scomparire questa pressione inventatata da non si sa quale uomo, e di curare quello che conta, o dovrebbe contare, davvero. In un luogo dove lo stress non esiste, ho avuto la possibilità di valutare e dar valore ai rapporti personali, ho piantato amicizie che non hanno mai smesso di crescere, e sono riuscito ad immergermi e trovare ispirazione dalle idee che mi hanno circondato.

Anche il lavoro non mi è mai mancato, ma il lavoro come si intende qui non è quello che mi ricordavo in Italia. I soldi arrivano, possono essere pochi, possono essere abbastanza, raramente sono tanti, ma non è quello che conta. Chi è in possesso del dono dell’accontentarsi, si accorgerà presto che qui non si è costretti a vivere per lavorare, ma si può ancora lavorare per vivere, per fare progetti, anche piccoli, che possono portare lontano. Distratto dai grandi piani per l’anno avvenire io non mi sono fermato nell’ultimo anno e mezzo, e mi guardo indietro oggi rendendomi sì conto di dove è possibile arrivare facendo alcuni sforzi, ma anche come avrei potuto vivere alla giornata senza mai farmi mancare un sorriso stampato in faccia.

Wellington è una città curiosa. Prima di arrivarci non sapevo neanche esistesse questa capitale che in mezz’ora si attraversa da un capo all’altro, a piedi. Wellington è una di quelle ragazze carine, simpatiche, che non smetti mai di ridere, che una volta erano grasse. Una di quelle bambine cicciottelle che alle elemetari vengono prese in giro, che attraversa l’adolescenza lavorando più sulla personalità che sull’aspetto, ma che spesso viene superficialmente scartata per le altre ragazze più attraenti, come Auckland o Christchurch. Wellington è la ragazza che incontri dieci anni dopo la fine delle superiori, dimagrita, e ti senti un coglione ad averla presa in giro. Vent’anni fa a Wellington c’era poco di interessante. L’area circostante non è ricca come quella di altre città, e oltre alla politica si muoveva ben poco. Oggi la città è esplosa, ed è difficile contenere tutto il suo carattere in così poco spazio. Lonely Planet la definisce “the coolest little capital of the world”, e tra musica, bar, e una popolazione per la maggioranza giovane, il più grande investimento che viene fatto oggi è quello sulle idee. Wellington per me è una seconda casa, e nella mia esperienza sono ben pochi i posti dove arrivando da fuori, si entra far parte della società così rapidamente, senza pregiudizi o sudore da asciugare.

Ma allora perché me ne vado? In questo resoconto un po’ confuso che scrivo nei miei ultimi giorni in Nuova Zelanda, mi trovo a metà tra felicità e amarezza nel prendere una strada nuova. Mi devo fermare e rifletterci un po’ per trovare la ragione che mi porta a un cambio di rotta, dopo che Wellington mi ha permesso di piantare radici nel suo comodo terreno. Me ne vado perché in Nuova Zelanda non manca nulla, ma a venti e qualcosa anni vivere comodi che senso ha? Purtroppo il mondo sta ancora girando da un altra parte, e la voglia di farne parte, di sfondare altre porte, è ancora più forte della ricerca della pace dei sensi, che prima o poi, volente o nolente, si farà comunque sentire. E allora, magari, rifarò lo zaino e tornerò indietro.

Due anni in NZ hanno prodotto Working Holiday Nuova Zelanda, la prima guida in italiano sul vivere, viaggiare e lavorare in Aotearoa con un visto vacanza-lavoro. Leggi la presentazione qui.

  1. buffo

    mentre tu parti io faccio piani per ritornarci, chissà magari più a lungo di una manciata di settimane

    se nel frattempo sbatti contro il lussemburgo, fai un fischio, che magari riusciamo finalmente a conoscerci di persona!

    1. Ma guarda, io parto e faccio piani di ritornarci allo stesso tempo. Non sarà un addio, credo. In Europa credo che arriverò a fine anno, un Natale freddo non me lo ricordo quasi più. Passerò per un saluto, senza dubbio!

      1. Ciao Angelo,

        sono Alessandro, ho 42 anni papà di Sara e Miriam marito di Hania, in famiglia stiamo pensando di trasferirci in NZ.

        In primis devo congratularmi e ringraziarti per il tuo prezioso blog, per le emozioni che ne trapelano di chi vi ha scritto, e per i consigli che tu dai.

        Lavoro nel settore dell’energia in Africa, nella zona equatoriale. Con frustrazione ammetto che ogni volta che rientro in Italia per i miei turni di riposo, trovo un peggioramento su praticamente tutto e a detta dei miei colleghi Francesi ed Inglesi dalle loro parti non è poi molto meglio che da noi. Così da diversi mesi stiamo pensando di trasferirci in un altro paese per viverci ed aprire una piccola attività, e alla fine abbiamo scelto la NZ.

        In passato ho lavorato in un ristorante ed essendo appassionato di buon vino e cibo, vorrei provare ad aprire una enoteca / wine bar con piccola ristorazione( prevalentemente degustazione) proprio in NZ.

        Abbiamo contattato un’agenzia Neozelandese che segue le pratiche di immigrazione e dopo aver fatto un breve colloquio telefonico ( in famiglia parliamo correttamente Inglese ed anche Francese) mi hanno inviato un preventivo di spese da sostenere e stiamo circa sui 5700 NZ$ per l’ottenimento del mio 2 Years Working Visa ( mi dicono che è possibile averlo pur continuando a lavorare in Africa con il mio attuale datore di lavoro Francese) + un 2 Years Self Emploiment VISA per mia moglie per aprire l’attività + 2 Students Visas per le nostre bimbe ( 12 e 8 anni).

        Ho pensato che prima di dare loro il mandato, visiterò entro Giugno la NZ per almeno un mese con un visto Turistico, e magari in questo mentre contatterò le agenzie sul posto e provare a fare i documenti per i visti e poi trasferire tutta la famiglia….

        Per guadagnare tempo, vorrei chiederti se magari puoi consigliarmi delle città da visitare ove un’attività del mio tipo possa andare e avrei piacere ad avere qualunque altro consiglio sia tuo che da altri amici di questo blog,

        Ciao,

        Alessandro D’Amico & Family

        Pescara

        1. Ciao Alessandro,
          le città vere e proprie qui si contanto sulle dita. Per un'attività che possa funzionare tutto l'anno direi che dovrei scegliere tra Wellington e Auckland, dove ci sono più abitanti e non sono solo mete turistiche. Non pensare comunque che sia facile, l'industria dell'ospitalità qui è già abbastanza sviluppata, e sono pochi quelli che davvero guadagnano bene. Quando comunque verrai vedrai con i tuoi occhi, sicuramente è una buona mossa venire prima da turista.

  2. Forse, hai ragione riguardo Wellington. Ero distratto, non l'ho guardata con attenzione. Avevo un traghetto da prendere, lei era grigia e cupa quel giorno, io anche. Qualche volta succede, Sliding doors. L'ho proprio persa, non l'ho notata come dici tu (e un po' me ne dispiaccio) e sicuramente mi succederà esattamente come hai scritto. Christchurch invece, mi ha attratto esattamente come Auckland, anzi di più, e per questo mi sono spaventato, violentato da un terremoto (purtroppo). Proprio come quelle ragazze bellissime e parecchio pericolose. Volevo un posto dove ritrovarmi, dove ricominciare a scrivere, che fossero note o solo parole, dove rallentare dopo aver corso tanto, dove vivere con la mia Famiglia e vedere mia figlia crescere felice e con la mente aperta, dove ascoltare nuove Storie e dove ritornare a raccontarle. Auckland, mi ha chiesto solo di lasciare tutto.

    ciao. noi siamo più vicini. sarebbe un peccato non trovarci. mi farebbe piacere

  3. Ciao Angelo, io ci sto tornando a Wellington, dopo due anni trascorsi a rincorrersi in questa frenesia italica, in questo turbinio di vento statico, di strascicar di anime. La NZ (perchè si scrive maiuscolo) ed in particolare Wellington mi ha rapito, rigirato, stravolto, tra i suoi odori malaesiani, i suoi passi anni 70, la musica forte e penetrante di gente di passaggio sul mall ma che non ha niente da invidiare a gente più blasonata.

    E la stretta forte delle persone che amano chiudere un contratto con uno sguardo sincero, e un sorso di birra. E le corse della gente che appena esce un pò di sole di abbarbicano in incredibili barbie, inoncuranti del vento che inesorabile li spazza, li pulisce. Ed il saluto sincero del driver del bus che mi portava tutti i giorni in quell'ufficio, dove sono tutti bro e alle tre del pomeriggio ti trascinano nel pub sotto a perderti in una sonora risata.

    Per me è stato più facile, ho passato i 30 i 40 ed i 50 e avevo bisogno di riprendere le mie cose. In questo Wellington è stata e sarà la mia compagna, quella che ti abbraccia tutte le notti, mentre casa tua si sposta seguendo il ritmo dei southerly, tra il cielo azzurro e quelle nuvole che così veloci non le hai viste mai, nemmeno in quelle riprese accelerate di certi documentari. Sotto l'ombra della wind turbine che non vedi mai ferma, sembra il guardiano di questa piccola, grande, bellissima, straordinaria città.

    Non mi sono mai sentito a casa mia come tra l'abbraccio delle sue strade, l'odore delle sue piazze. La sento mia, come sento che io sono suo.

    E ci torno.

    Grazie per avermela ricordata.

    La mia amata Wellington. Love it or leave it.

  4. Ciao Angelo. Vivo ad Auckland da 3 anni, ne ho 43 e concordo al 100% con quello che dici. Anch'io fra i venti e i trentanni ho girato il mondo e tentato di far parte di una società arrivista e scintillante… a quell'età la NZ mi sarebbe andata stretta. Ma a 40 anni ho venduto tutto e mi sono spostato finalmente in questa terra che tu hai descritto bene, dove i pregi alla fine sovrastano i difetti e dove ancora, se ti fermi e resti un attimo in silenzio, senti ancora battere il tuo cuore.

    P.S.: un saluto a Vanni che ha scritto qui sopra: un caro amico che finalmente torna qui, a casa, ai confini del mondo.

    1. Ciao Gerry, sono una mamma che vede il suo figlio 21enne partire per Auckland il prossimo 7/03/2013,sono in pensiero ci rimarra' per 6/7 mesi le prime tre settimane frequentera' una scuola per migliorare l'inglese e poi si dovra' cercare lavoro e casa. Che mi dici ,si trovera' bene? Dammi un YEAH ! Ciao Lucia

  5. Ciao Angelo,

    ho appena preso una capocciata nel tuo blog 🙂

    Sono tornata dalla terra dei kiwi poco più di un mese fa e boh… Wellington, il tempo… mi sembra di aver letto i miei pensieri scritti bene!

    Grazie e buon viaggio!

  6. Prima era un sogno: fuggire.

    Ora è un progetto: partire.

    Io e mio figlio ci siamo guardati a lungo, abbiamo fantasticato e l'ho riportato più e più volte coi piedi per terra. Alla fine io ho detto: Nuova Zelanda. E lui: Andiamo mamma!

    Ora sono qua, che non so da che parte iniziare e soprattutto dove finiremo.

    L'entusiasmo dei primi giorni ogni tanto diventa paura, paura (forse) di fallire e di non riuscire a dimostrare al mio piccino di 20 anni che la vita così come la conosciamo qua non è vivere, di fargli perdere quella spensierata follia tipica della sua età.

    Ma non mollo, non voglio farlo. Ho la testa dura e sono abituata ad andare avanti da sola, dovendo prendere quotidianamente decisioni non sempre facili.

    Quello che cerco in giro per la rete (e in blog come questi) è un consiglio, una parola di conforto, o forse anche solo un inboccaallupo, che mi sia di aiuto per i giorni che verranno prima della fuga.

    Grazie!

  7. Ma sei un mito! continua a scrivere perche' ne ho letti di blog, tra italiani e stranieri, ma di pezzi cosi "puliti", nel senso di onesti, generosi e consapevoli, ma anche formalmente belli, ce n'e' ancora pochi in giro!

    Per l'ennesima volta su questo blog ho il groppo in gola e tu hai appena inserito Wellington e la NZ nella mia bucket list. 😀 che belle cose!

  8. hai ragione riguardo allo stile di vita che non ha niente a che vedere coi ritmi frenetici dell'europa. aggiungerei che qua non ci si lamenta, non si sta col muso, la gente emana vibrazioni positive ed è per questo che adoro questo paese, benchè sia un pò noioso. wellington… ci sono stata un solo giorno e me ne sono innamorata! forse perchè ricorda tanto l'europa. secondo me la gente sceglie auckland perchè è più grande e offre più opportunità a livello di studio e lavoro. immagino che anche il clima infuisca molto! personalmente, rimango ad auckland per il lavoro e poi… qua l'inverno quasi non si vede!!!

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