In Birmania Senza Lonely Planet

Se c’è un luogo dove fa comodo avere tra le mani una guida è la Birmania. Le connessioni ad internet sono rare ed assenti, in pochi parlano inglese ed è difficile capire quanto aggiornate siano le informazioni. Una guida può tornare utile per capire l’itinerario da seguire ed orientarsi in città grazie alle mappe, e fornisce una visione completa di quello che è il territorio e quali sono le possibilità anche in un tempo limitato. Non solo, per chi viaggia in solitaria può essere utile andare nelle guesthouse recensite per trovare altre persone con cui condividere le spese o in generale capire come risparmiare in un paese dove i costi non sempre sono bassi.

Ho avuto la possibilità di sfogliare l’ultima edizione di Lonely Planet Myanmar e si è dimostrata una risorsa completa per pianificare il viaggio. Nella guida sono contenuti molti consigli, itinerari poco battuti e spunti interessanti sulle attività alternative da fare nei centri turistici, oltre a una spiegazione chiara di come muoversi da un luogo all’altro, che non sempre è così scontato. I prezzi sono come sempre un po’ sballati, ma cambiano di continuo ed è necessario adattarsi. Sono rimasto soddisfatto di questa Lonely Planet se non per un solo problema: l’ho consultata al ritorno.

Purtroppo per me il peso di una guida di carta nello zaino non è un compromesso accettabile, per quante informazioni questa contenga. Se si aggiunge che questa costa quanto due giorni di viaggio diventa una spesa eccessiva su un percorso di due settimane. Di solito è facile farne a meno: internet dispone delle stesse e di più informazioni e dato che le connessioni Wi-Fi si trovano praticamente ovunque tutto quello che si ha bisogno di sapere è a portata di mano.

In Birmania il discorso cambia, internet è raro e lento, pochi sono i turisti in bassa stagione e la situazione politica sta portando cambiamenti così rapidamente che è difficile stargli dietro. Come ci si muove quindi senza una guida affidabile?

Per arrivare in Birmania sono passato dalla Thailandia e qui ho potuto raccogliere un buon numero di informazioni. A Chiang Mai sono due i punti di riferimento: la Best Friend Library e il Free Bird Café. La prima è una biblioteca pubblica fondata da rifugiati birmani che raccoglie centinaia di testi sul Myanmar. Qui è possibile affittare i libri, prendere una copia del loro giornale gratuito oppure appuntarsi dei titoli da poi scaricare in formato eBook. Il Free Bird Café è un organizzazione no profit che fornisce invece educazione per i bambini di rifugiati birmani in Thailandia. I gestori hanno molte informazioni interessanti sulle diverse etnie che vivono lungo il confine, in particolare quella degli Shan, e anche qui è a disposizione una piccola libreria.

Sull’Irrawaddy Magazine, fondato da giornalisti birmani fuggiti in Thailandia, ho scoperto delle recenti rivolte contro i musulmani negli stati dell’ovest e ho potuto approfondire sul loro sito e altri giornali, tra cui il Bangkok Post e la Democratic Voice of Burma.

Per le informazioni di viaggio Wikitravel è stato utile, non sempre aggiornato ma abbastanza completo da permettermi di creare un’idea del percorso che avrei seguito. Non potendo però ricordare ogni dettaglio ho copiato tutte le schede delle destinazioni in cui sapevo di passare su Readlists, trasformandole poi in un unico file in formato eBook che ho consultato via via sul mio lettore offline.

Dove dormire la prima notte l’ho trovato su Travel Fish, che poco prima della mia partenza aveva recensito positivamente la Chian Myaye Guesthouse, e per un quadro generale della situazione all’arrivo mi sono letto tutta la ricca sezione dedicata alla Birmania di Viaggiare Low Cost di Giulia, utile in particolare se si è in viaggio per un periodo di tempo simile al suo, ossia due o tre settimane.

Una volta in Birmania il gioco si è fatto più divertente. Il primo giorno a Yangon si arriva all’immancabile Shewadon Pagoda, l’immensa struttura dorata che brilla al centro della città, ma altrettanto presto cambiano i piani. Nyi Nyi è un uomo del posto che ha voglia di chiaccherare. Talmente tanta voglia di parlare che mi ha convinto a seguirlo prima in un monastero per conoscere il monaco che ritiene di essere la quinta reincarnazione di Buddha, poi fino al Buddha sdraiato lungo settanta metri e infine a casa sua a bere il tè, per concludere il tour in un pub locale.

A differenza di molti altri paesi i birmani sembrano avere a cuore l’esperienza dei turisti. Sapendo di avere una triste storia alle spalle, l’impressione è che vogliano dare un’immagine positiva del loro paese e di conseguenza aiuteranno quando possibile. Oggi si parla di più degli eventi in corso rispetto al passato. Fino a qualche anno fa era vietato parlare di politica con gli stranieri mentre oggi non è difficile chi, sempre sottovoce, è felice di dare spiegazioni.

I locali non sono però turisti e di conseguenza non sempre dispongono di tutte le informazioni di cui c’è bisogno. Sulla tratta tra Bagan e Inle però gli altri viaggiatori non mancano, e qualsiasi mancanza è stata colmata qui tramite l’esperienza altrui. Aggregandosi ad altre persone è stato possibile non solo scambiare opinioni e consigli, ma anche dividere i costi e svolgere attività altrimenti fuori budget, come i tre giorni di trekking da Kalaw al Lago Inle.

È vero, il mio itinerario si è mantenuto per la maggior parte sulla tratta turistica, e per questo viaggiare si è rivelato semplice anche senza una guida, ma al contempo non avendo le indicazioni di qualcuno da seguire è stato più facile adattarsi agli eventi, cambiare percorso in base alle persone conosciute e fidarsi di chi un consiglio lo ha dato in modo genuino.

Capire la Birmania in poche settimane rimane comunque una missione complicata, ma per una ricerca più approfondita, qui trovate le letture consigliate.