L’Ossessione Thailandese per la Pelle Bianca

Il fenomeno dell’ossessione per la pella bianca delle donne thailandesi non è così semplice da spiegare a chi non ha mai visitato questo paese. Molte volte durante i miei viaggi in Sud Est Asiatico mi ero trovato di fronte, senza rendermene conto, a chiari comportamenti che provassero questa forma di psicosi collettiva, ma è soltanto in Vietnam che la storia venne messa nero su bianco di fronte ai miei occhi. Era estate, e faceva caldo, molto caldo. L’afa era resa più pesante dall’initerrotto traffico di motorini che è tipico delle grandi città vietnamite ed attraversare la strada era come sempre un’impresa.

Fermo ad un incrocio pronto a cogliere un momento di calma che non arrivava, mi resi conto che tutte le donne vestivano una mascherina di fronte al naso e alla bocca. Da prima pensai allo smog, ma poi notai i pantaloni lunghi e i calzini. Paesi conservatori, mi dissi. Ma poi notai i guanti. E i pedoni con gli ombrelli. E non aveva senso.

Qualcuno mi spiegò qual era la situazione pochi giorni dopo – “Lo fanno per la pelle, vogliono mantenerla bianca“. Lì per lì gli detti poca considerazione, proseguendo con il mio vagare senza soffermarmi troppo sulla questione. Ma poi arrivai in Thailandia, dove la situazione, una volta nota, non solo non era più invisibile ma era alla sua massima espressione.

Ogni donna di città, ogni ragazza che tiene al suo aspetto, in Thailandia fa di tutto per avere la pelle più bianca possibile. Per molte della donne questa ossessione causa comportamenti degni di un vampiro. La luce solare è il nemico, abbronzarsi è un peccato. Si trovano cliniche per lo sbiancamento della pelle, in spiaggia ci si presenta completamente coperte, e ogni crema o prodotto per la pelle contiene qualche ingrediente sbiancante. E tossico. La pelle bianca è, ovviamente, qualcosa di estremamente raro in un’etnia evolutasi in una regione tropicale e il trattamento a cui le donne qui decidono di sottoporsi per trasformare il loro colorito dorato in un innaturale tono pallido è drastico e di certo non salutare.

Le grandi case cosmetiche in questa paranoia hanno visto un’opportunità e il messaggio che arriva è chiaro. Garnier si propone sugli scaffali con “Sakura White” un prodotto che promette di rendere la pelle il 60% più rosea in quattro settimane di utilizzo. Sempre Garnier offre un secondo prodotto, “Light Complete“, da alternare al primo applicandolo durante la notte, ma il marchio che meglio ha saputo riassumere la sua efficacia è senza dubbio la francese L’Oreal, che per la sua crema sbiancante ha scelto un nome che non concede errori d’interpretazione: “White Perfect“.

L’estremo di questa tendenza è stato raggiunto recentemente, come racconta il Guardian, con una grande casa farmaceutica che ha rilasciato sul mercato un prodotto che promette di schiarire la pelle sulle parti intime delle donne. La crema promette di rendere l’area genitale più bianca in sole quattro settimane, per raggiungere una bellezza completa. Ma non solo, secondo questo articolo c’è chi usa medicinali contro la leucemia per sbiancare la pelle, ossia prodotti che potrebbe distruggere completamente il tessuto se usati in modo improprio.

Purtroppo la definizione di bellezza, in parte anche a causa della globalizzazione, sta cambiando talmente rapidamente che le donne thailandesi tendono sempre di più a seguire ciò che i cosmetici promuovono, per mantenere la propria autostima alta. Immagini provenienti dalla musica e dal mondo dello spettacolo coreano e giapponese sono popolari in Thailandia e in molti si convincono che quello debba essere lo standard da rispettare per tutti gli asiatici. Basta scrivere “asian girls” su Google in fondo, e l’elenco di immagini non riporterà neanche una ragazza di colore. E proprio le case cosmetiche, su quest’onda, hanno raggiunto con i loro prodotti sbiancanti un mercato di due miliardi di dollari nello scorso anno, che rappresenta il 60% di tutta l’industria cosmetica.

Non finisce qui. I prodotti di bellezza costano in ogni parte del mondo. Le donne thailandesi nella maggior parte dei casi non possono permettersi un flusso continuo di creme e trattamenti di marca, e per questo non è raro ricorrere ad articoli scadenti e meno costosi. Tutto per diventare bianche. Il problema arriva quando ci si accorge che le sottomarche, anziché utilizzare ingredienti naturali, tagliano i costi con ingredienti chimici. Quanto chimici? Tanto chimici. Candeggina, mercurio, steroidi. L’esempio vivente dei rischi che si corrono utilizzando questi prodotti è Panya Bunjan, che dopo aver utilizzato prodotti sbiancanti su proprio viso è finita per bruciarsi completamente la faccia e perdere per sempre i pigmenti che riporteranno il colore, finendo, paradossalmente, per essere licenziata dal ristorante dove faceva la cameriera per essere “troppo brutta”.

Dato che l’industria però sembra continuare a crescere e poche donne sembrano confrontarsi con il problema, c’è chi lo affronta in modo differente. Il Bangkok Post anziché scontrarsi con la questione, consiglia un approccio differente: prendete un po’ di sole al mattino e al tramonto, quando il sole è più debole, fate sport anche all’ombra, ma all’aperto di modo da ricevere comunque della vitamina D. All’opposto c’è chi spinge questo aspetto culturale all’estremo in un progetto fotografico, dipingendo artificialmente di bianco le facce di decine di thailandesi, vietnamiti e cambogiani, per rendere meglio l’idea del punto a cui stiamo arrivando con questa fissazione per l’aspetto fisico.

Ma in un tutto questo l’unica domanda che ci si pone è: perché?

La risposta è semplice e coinvolge gli orientali tanto quanto gli occidentali. La pelle bianca in Thailandia è sinonimo di classe sociale più alta, tanto quanto lo è la pelle abbronzata in occidente. Mi spiego: in passato, in Asia meridionale, avere la pelle più scura significava lavorare nei campi, essere poveri. La pelle bianca invece significava ricchezza, una vita sotto un tetto e più semplicemete la nobile arte del non lavorare. L’opposto valeva per noi, dove essere abbronzati significava potersi permettere di andare spesso in vacanza, mentre i pallidi erano costretti a lavorare tutto l’anno. Seppure oggi qualcosa sia cambiato questa idea è rimasta e si è evoluta accordandosi ai tempi moderni, creando dei canoni che oggi seguiamo senza motivo causando spesso più danno che vantaggio.

È facile quindi condannare questo comportamento così comune in Thailandia, ma chi ogni anno per due settimane fa di tutto per friggere sulla spiaggia sta facendo, più o meno, la stessa cosa. Che è un idiozia.