Circuito dell’Annapurna vs Everest Base Camp: Quale Trekking Scegliere?

Non c’è altro luogo al mondo in cui si può partire per un trekking di due, tre, quattro o più settimane con così poco peso sulle spalle. Adoro la semplicità che il Nepal riesce ad offrire, la possibilità di mettere nello zaino alcuni vestiti, un paio di bottiglie d’acqua, un libro o due, e incamminarsi ai piedi delle vette più alte del pianeta. Non c’è altro luogo al mondo in cui ogni mezza giornata di cammino al massimo si incrocia un villaggio ospitale, dove anche oltre i 4.000 metri è ancora relativamente economico mangiare, dove tutto ciò di cui preoccuparsi sono i propri limiti fisici.

Dei tantissimi percorsi a disposizione, la scelta, in particolar modo per chi visita il Nepal per la prima volta, ricade spesso su due, grandi, cammini: il Circuito dell’Annapurna e il trekking al campo base dell’Everest. Negli ultimi mesi ho avuto la possibilità di completare entrambi i tracciati e mi sono trovato di fronte ad ambienti completamente diversi, in condizioni completamente diverse, con requisiti completamente diversi. Quindi, se il tempo limita ad un trekking soltanto, quale scegliere?

Prima di tutto è da capire che le distanze misurate in chilometri non hanno alcuna importanza sull’Himalaya. Non c’è mappa che indicherà quanto manca da un villaggio all’altro, e un tratto più breve non è detto che sia più veloce. Le unità di misura durante un trekking a queste elevazioni sono le ore di cammino e l’altitudine, e queste aiutano a capire quanto si deve salire in quanto tempo, dando un’idea del grado di difficoltà che ci aspetta. Un’altra cosa da mettere in chiaro è che per camminare lungo questi tracciati non serve portare con sé tenda o provviste, in quanto lungo tutto il percorso si trovano piccole (e meno piccole) guesthouse pronte ad ospitare e rifocillare i camminatori. L’unica cosa che serve è un sacco a pelo per le temperature estreme che si incontreranno nei punti più alti. Guide e portatori non sono obbligatori o necessari: i percorsi sono ben battuti ed è difficile perdersi, anche se capita di tanto in tanto. Io ho preferito camminare senza l’aiuto di una guida durante i miei 40 giorni di trekking, ma c’è da notare che questi servizi costano poco, le guide sono una miniera d’informazioni e possono dare una sicurezza in più in situazioni dubbie. La scelta è personale.

I Tempi

Il Circuito dell’Annapurna è un percorso che gira intorno all’imponente massiccio dell’Annapurna, salendo da Besi Sahar fino al passo di Thorong La, a 5.416 metri d’altezza, per poi scendere fino a Nayapul e quindi Pokhara. Per completare questo percorso le stime ufficiali dicono di calcolare intorno alle due settimane. Tra i 14 e i 18 giorni sono un buon tempo che include qualche giorno di sosta ed eventuali stop per imprevisti, ma è possibile fare molto più veloce. Questo perché, su buona parte del percorso, sta venendo costruita una strada. La strada è una traccia sterrata utilizzabile solo da Jeep che scorre lungo il ciglio delle montagne fino a Chame e poco oltre, anche se quasi nessun turista ha il coraggio di percorrerla fino a questo punto. Per i più è un modo per tagliare un paio di giorni dal percorso partendo più avanti da Syenge invece che dalla brutta Besi Sahar. Superato il passo, dal primo villaggio che si incontra lungo la discesa, quello di Muktinath, la strada che si era interrotta riprende fino alla fine, seppur con qualche deviazione. In teoria quindi, pagando abbastanza e affidandosi alle Jeep più che alle proprie gambe, è possibile oggi completare il Circuito in poco più di una settimana.

Il trekking al campo base dell’Everest invece offre qualche possibilità in più. Il 90% dei turisti svolge il percorso di 12 – 14 giorni che da Lukla arriva al campo base e poi torna indietro sulla stessa strada, ma questo non solo non è l’unico, ma è anche il più costoso e meno interessante dei tracciati. Per arrivare a Lukla, 2.800 metri d’altezza, bisogna prendere un volo interno da Kathmandu del costo di 320 dollari andata e ritorno e da qui inizia il percorso che va dritto verso nord per poi tornare indietro lungo la stessa strada. Un’opzione migliore, ma anche più lunga e faticosa, è quella di ripercorre i passi di Edmund Hillary sul percorso originale verso l’Everest, quando un aeroporto a metà strada ancora non esisteva. Questo parte da Jiri, a una giornata di autobus da Kathmandu. Da Jiri ai dintorni di Lukla (non è necessario passare direttamente dal villaggio arrivando a piedi) ci vogliono 5 o 6 giorni. Una volta superata Lukla, invece che andare e tornare per la stessa via al campo base, è possibile deviare verso Gokyo e i suoi laghi ghiacciati, oltrepassare il passo del Cho La, ed arrivare solo a questo punto sul percorso del campo base formando un cerchio. Per questo itinerario, da Lukla al campo base passando da Gokyo, guide e agenzie arrivano a dire di impiegarci 17 giorni. Questa stima è eccessiva ma sicura, in quanto include molte soste per acclimatarsi all’altitudine, ma chi si sente bene e vuole camminare più di quattro ore al giorno può concludere in una decina di giorni. È importante, se si decide di camminare più veloce, conoscere il proprio corpo e i propri limiti in quato i disturbi dell’altitudine sono un rischio serio. In totale quindi per raggiungere il campo base dell’Everest senza volare e tornare indietro nello stesso modo, un buon tempo è tra i 20 e i 25 giorni.

La Difficoltà

Entrambi i trekking sono fattibili da chiunque abbia una forma fisica nella media, ma è indubbio che raggiungere il campo base dell’Everest da Jiri sia molto più dura che completare il Circuito dell’Annapurna. Paradossalmente la parte più bassa del percorso, quella che da Jiri arriva a Namche Bazaar è nettamente più impegnativa di quella che si trova ad elevazione più alta (e questo è uno dei motivi per cui tutti volano). Per arrivare da Jiri a Namche si ha di fronte una settimana di cammino in cui invece di aggirare i monti, questi si scavalcano. Si passa quindi quasi ogni giorno salendo fino ed oltre i 3.000 metri, per poi scendere a valle sotto i 2.000. È un percorso pesante, ma sicuramente un buon allenamento per ciò che verrà dopo, anche se superata Namche sarà raro salire per più di alcune centinaia di metri di elevazione al giorno. L’Annapurna invece è una salita continua fino al punto più alto, ma non altrettanto ripida. Ci sono alcuni giorni e alcune deviazioni, come quella che passa da Upper Pisang, che si rivelano più faticosi, ma è parte del gioco. Dopo aver superato Thorong La è comunque tutta, o quasi discesa, mentre scendendo dall’Everest ci si trova di fronte a nuove salite sia all’andata che al ritorno.

Un altro fattore da considerare è il tempo che si trascorre ad altitudini a rischio. Nel Circuito dell’Annapurna si passano solamente due giorno ad altitudini estreme, in quando una volta superata Manang, a 3.500 metri d’altezza circa, solo due soste ci separano dal passo, dopo il quale si scende nuovamente sotto i 4.000 metri. Sull’Everest invece, a seconda di come si sceglie di muoversi si può passare oltre una settimana vicini ai 5.000 metri. Per chi sceglie di completare l’epico tracciato dei Tre Passi questo tempo si allunga ancora di più. A queste altezze si hanno sicuramente le viste migliori, ma a sua volte le condizioni impongono dei limiti – si fa più fatica, fa più freddo, costa di più – e non tutti hanno il desiderio di fermarsi ad alte elevazioni per tempi prolungati. L’altitudine inoltre può provocare effetti collaterali, da mal di testa alla mancanza d’appetito, che possono portare a malattie più gravi se non si procede con cautela. Sull’Everest si superano i 5.000 metri almeno tre volte (Gokyo Ri, Kala Patthar e sul campo base) oltre a dormire almeno una notte a 5.100, mentre sull’Annapurna il rifugio più alto è a 4.900 metri e i 5.000 si superano solo per poche ore durante il passo. Le temperature possono raggiungere i -10 durante la notte nei periodi di alta stagione.

Un commento ovvio è quello sulla stagione. In entrambi i percorsi il clima è imprevedibile d’inverno e durante i monsoni, ma con i suoi tracciati più larghi ed elevazione più bassa l’Annapurna è noto per essere fattibile anche d’estate. Le nuvole però bloccheranno ogni vista.

L’Ambiente

Il paesaggio, al contrario di quanto si possa pensare, è completamente differente nei due trekking. Sull’Annapurna foreste di pini contrastano il bianco della neve, un cambiamento graduale porta nuove viste ogni giorno che si sale. In questo trekking si attraversano diverse regioni differenti l’una dall’altra, dai villaggi induisti nella parte più bassa a quelli tibetani nella parte più alta, fino alle colline del Mustang nel nord ovest e una parte più arida durante la discesa, intorno a Jomsom. In generale l’Annapurna è più verde e i villaggi in pietra sembrano essere rimasti fermi nel tempo, ma a parere di molti la strada che sta venendo costruita sta rovinando il percorso, nonostante sia un grande aiuto per le popolazioni locali.

Sull’Everest, prima di arrivare nella regione del Khumbu ci si trova a camminare in un paesaggio collinare punteggiato di minuscoli villaggi circondati da grandi piantagioni di grano, riso e verdure. I monti scolpiti in terrazze verdi e gialle sovrastano il saliscendi fino ad arrivare a Namche, dopo la quale si entra nel cuore del Khumbu e nella parte più alta del percorso. Qui ci si trova in mezzo ad un ambiente roccioso, arido, a volte ostile. Essendo anche l’elevazione maggiore, poche piante crescono qui e all’agricoltura si sostituisce la pastorizia, con tantissimi yak che pascolano tra i monti. Seppure questo non sia il territorio più adatto all’uomo è difficile non rimanere a bocca aperta trovandosi davanti, più volte, ai picchi più alti del mondo come Ama Dablam, Lhotse, Cho Oyu e infine l’Everest.

Non si può dire che uno sia più bello dell’altro, ma non si possono negare le differenze. L’Annapurna è più equilibrato, più fotogenico e graduale. Il Khumbu è più duro, d’impatto e a volte difficile da apprezzare. Entrambi da vedere. La neve gioca un ruolo importante a livello visivo, ma la stagione detta quando questa sarà presente. Nel mese di Marzo, l’Annapurna era completamente bianco oltre i 3.500 metri, mentre nel mese di Aprile la strada per l’Everest era pulita ed asciutta oltre i 5.000.

La Scelta

Tra gli altri fattori da considerare si potrebbe inserire il numero di persone che si incontreranno sul percorso e i costi. Entrambi sono percorsi popolari sui quali migliaia di persone camminano ogni anno. Essendo un circuito però, sull’Annapurna non si sentirà mai l’affollamento, in quanto tutte le persone camminano nello stesso senso. Si potrebbe non incontrare nessuno durante il giorno, e trovarsi in un rifugio pieno in serata. La tratta da Lukla al campo base è invece una strada trafficata in cui è difficile evitare i grandi gruppi organizzati. È facile da evitare però, almeno in parte, svolgendo alcuni dei percorsi meno battuti e magari usando la strada principale solo per parte del ritorno. Al contrario nel pezzo iniziale, da Jiri a Lukla, è probabile non incontrare altri turisti per giorni di seguito. In pochi camminano qui, e ancora meno lo fanno sia all’andata che al ritorno.

I costi sono più elevati sull’Everest. Come regola generale dormire non costa quasi niente (massimo un paio di dollari a testa), ma è sul mangiare che i rifugi guadagnano. Più si sale e più i costi aumentano dato che tutti gli ingredienti sono trasportati a piedi. Nel punto più alto dell’Annapurna un Dal Bhat costa tra i 4 e i 5 dollari, mentre sull’Everest 6 o 7. Ci si può aspettare di spendere circa il 30-40% in più sull’Everest per cibo, doccia ed elettricità. Rimangono comunque prezzi accessibili, e si può rientrare facilmente in un budget di 15 dollari al giorno.

Una scelta è difficile da fare e quando possibile, non andrebbe fatta: ognuno dei due trekking vale le energie che costa. L’Annapurna è forse una scelta migliore per chi si trova ad affrontare questa esperienza per la prima volta, in quanto è più facile, meno intenso e si passa meno tempo in altitudini elevate. L’Everest però rimane un simbolo e la tentazione di poter dire “ci sono stato” è grande, ma partendo da Jiri si ha davanti un’avventura lunga e fisicamente provante.