Da Dove Viene la Droga di Amsterdam?

L’intera questione della legalizzazione delle droghe leggere in Olanda si basa su un concetto all’apparenza semplice, quello della tolleranza. Come per prostituzione ed eutanasia, diverse leggi olandesi riguardanti i diritti personali, sono state create seguendo  l’idea che ognuno è libero di fare quel che crede sia più giusto, entro certi limiti, con il proprio corpo. Tolleranza però non è soltanto questo: quando si parla di droga riguarda tutta l’economia che attorno ai coffee shop gira e per gestire un’industria del genere diventa necessario chiudere un occhio, a volte anche due.

In breve, nel 1976 è stato deciso di non perseguire più i crimini minori legati alle droghe leggere. Da allora tutto quel che riguarda il consumo di cannabis esiste in un’area grigia della legalità che rende possibile per ogni persona maggiorenne di entrare in un coffee shop ed acquistare una certa quantità di droga per scopi ricreativi. Al contempo, però, il commercio su larga scala è proibito. Di conseguenza è facile capire come ci sia un vuoto legale in ciò che riguarda la produzione e lo smercio ai coffee shop. Questo vuoto è riempito, appunto, dal gedogen, un termine intraducibile e tipicamente olandese, che sta per tollerare quel che dalla legge non è permesso.

La regole di base sul possesso e la vendita di marijuana permettono ad un individuo di avere un massimo di cinque grammi sulla propria persona e di coltivare un  massimo di cinque piante per uso personale. Se inizialmente era possibile pensare che un coffee shop coltivasse alcune piante per poi vendere l’erba al dettaglio, con l’arrivo del turismo della droga il mercato è diventato molto più grande. I coffee shop non possono avere più di 500 grammi di erba all’interno del negozio in un determinato momento ed i più grandi di Amsterdam devono essere riforniti ogni poche ore per non superare il limite. È facile capire come nessuna di queste cifre sia sufficiente ad alimentare l’immensa domanda di Amsterdam e di altre città olandesi.

Da dove vengono, quindi, le droghe dei coffee shop? Semplice, dalla criminalità organizzata. Buona parte della marijuana pare essere coltivata all’interno delle frontiere domestiche, da coltivatori professionisti che costruiscono serre nascoste in magazzini abbandonati o appartamenti affittati con nomi falsi. Tutti sono a conoscenza di questo sistema e ancora non è stata trovata una soluzione per portare anche la produzione all’interno dei confini della legge. I corrieri circolano per le città, Amsterdam in particolare, in modo costante, scaricando la merce e proseguendo sul proprio percorso, lavorando in un sistema che crea una situazione paradossale: mentre ciò che accade dietro le quinte è illecito, le porte principali sono aperte al pubblico senza alcun problema.

Per alcuni è ipocrisia questa legalizzazione parziale, mentre per altri è pragmatismo l’idea che se un crimine non si può fermare, allora tanto vale regolarlo (e tassarlo). In un paese in cui le prigioni chiudono per mancanza di detenuti è da notare che la maggior parte dei casi di omicidio e crimini con armi da fuoco sono legati al traffico della cannabis. Esistono cartelli che grazie alla tolleranza hanno acquisito potere e hanno in mano un’importante fetta dell’economia che il governo fatica a controllare. I partiti politici si dividono tra chi vorrebbe re-criminalizzare l’uso della droga e chi vorrebbe riuscire a controllarne anche la produzione, evidenziando che  ogni regola riguardante le droghe leggere è pensata prima di tutto per proteggere il consumatore e mantenere più pulite le strade.